Giornate occitaniche.
Lezioni del Dottorato di ricerca in Provenzalistica
(Torino, 23-24 maggio 2003)
a cura di W. Meliga e G. Noto
Sommario
Il significato attribuito a un’opera può trovare conferma nella sua tradizione testuale. Il caso specifico esaminato è un racconto in versi del 1370 circa di un nobile maiorchino. Sulla base di quanto si tramanda nella famiglia dell’autore, è stata formulata l’ipotesi di un significato allegorico-politico del testo: attraverso una specie di continuazione della Mort Artu, il racconto alluderebbe alla sorte di chi avrebbe dovuto essere Giacomo IV di Maiorca (Espadaler 1986). L’ipotesi è confermata dall’esame della tradizione manoscritta: solo il testimone meno antico (1417-1430) dell’opera contiene il testo per intero; le lacune degli altri tre manoscritti sembrano tagliare proprio le parti più “compromettenti”. Il testo, scritto con un intento di propaganda da chi era coinvolto nella crisi maiorchina, avrebbe perso, durante la sua prima circolazione, non solo i riferimenti più palesi ad essa, ma addirittura il nome del suo autore.
La giusta e necessaria considerazione dell’importante intervento di Aurelio Roncaglia (In margine a un’edizione di Peire d’Alvernhe, in «Cultura neolatina», LVIII [1998], pp. 347-356) sull’edizione Fratta di Peire d’Alvernhe (Poesie, a cura di A. Fratta, Manziana 1996) è l’occasione per un riesame più meditato di molti luoghi controversi di questo problematico trovatore, a dimostrazione della fecondità del dibattito e del confronto nella prassi editoriale riguardante zone complesse e oscure della produzione lirica trobadorica.
Plusieurs chansons de Giraut de Borneil évoquent la lutte contre les Sarrasins d’Outremer. Prises dans leur ensemble, ces références ont permis aux spécialistes de reconstituer cette partie de la carrière du troubadour, ses mouvements, ses contacts et ses protecteurs. Cependant, certains aspects de cette reconstitution sont démentis par des données historiques. L’objectif de cette étude est d’essayer de démêler les fils de l’argumentation traditionnelle et, à la lumière de plusieurs éléments que la critique littéraire paraît avoir ignorés, d’en modifier certaines suppositions afin de proposer une façon différente d’interpréter les allusions de Giraut à la croisade et les voyages que le troubadour a faits en Terre Sainte.
La vittoria di Antiochia nel 1098 e la necessità di proteggere le conquiste cristiane di cui era il centro hanno dato l’avvio alla composizione della Canso d’Antioca del limosino Gregorio Bechada e con essa alla creazione di una storiografia epica volgare in Occidente. Il rapporto che legava Poitiers e Antiochia attraverso il principe Raimondo, appoggiato forse dal patriarca Aimeric, anch’egli limosino, ha prodotto un milieu ricettivo nei confronti della poesia volgare intorno agli anni Quaranta del sec. XII, per quanto una serie di componimenti trobadorici rivelino delle tensioni, in patria e in Terra Santa, fra gli indirizzi della crociata e la mentalità cortese. I componimenti trobadorici sulle crociate – circa un settimo di tutta la produzione dei trovatori, in qualche caso composti in Terra Santa e in Grecia – affrontano largamente l’argomento e forniscono una ricca serie di informazioni sulle opinioni e sugli umori del tempo.
Suite à une étude des éléments didactiques dans la poésie de Sordello (1ère m. du XIIIe s.) qui tenait compte de leurs rapports avec l’Ensenhamen d’onor (Cultura Neolatina LX, 2000, p. 161-205), l’analyse se concentre ici sur le contexte socio-littéraire et les textes didactiques contemporains qui ont pu servir de sources ou de modèles à l’auteur. Il en résulte que l’armature du texte est à chercher dans la formation d’un litteratus reçue au niveau du trivium, et que les Disticha Catonis et leurs adaptations et continuations françaises continentales (Jehan de Paris, Adam de Suel et les deux Facetus, la version à usage scolaire Cum nichil utilius et la version dite courtoise Moribus et vita) forment le cadre général de l’Ensenhamen d’onor. Les thèmes développés correspondent à un code moral, une sorte de «miroir» pour l’homme respectable marqué par une «universalità umanistica» formulée également par le Moralium Dogma Philosophorum.
Il lavoro è uno studio sugli pseudonimi letterari elaborati dai trovatori per designare dame, mecenati, colleghi trovatori e amici. L’articolo è diviso in due parti: nella prima (qui pubblicata) si analizza la struttura grammaticale del senhal, la sua posizione nella struttura strofica del componimento e il suo ruolo sintattico all’interno del periodo con il fine di dimostrare che nella formazione dei senhals agivano delle costanti compositive. Parte integrante dello studio grammaticale è un indice completo dei senhals oggi noti del corpus lirico trobadorico, ordinati secondo le quattro macrostrutture grammaticali individuate (nomi, sintagmi nominali, sintagmi preposizionali comparativi e sintagmi verbali). Nella seconda parte (si veda RST VI-VII), si affronta un’indagine del significato storico-letterario del senhal presso i trovatori e si presenta un bilancio degli studi prodotti sull’identità storica del senhal Bel/Bon Esper di Gaucelm Faidit, scelto come modello-guida per tutto l’articolo.